21 novembre 2011

Parlar chiaro sulle sculacciate

A seguito di un incontro sul tema "Capricci, regole  e relazioni familiari" da me tenuto ad un gruppo di mamme nella scorsa primavera, avevo trovato on line  questo documento dal titolo "Parlar chiaro sulle sculacciate" estremamente interessante e importante . Ero rimasta colpita dall'intervento di una mamma presente a quel'incontro che decisamente si opponeva all'idea che qualche sculacciata possa far male ad un bambino (chi vuol saperne di più può leggere il commento a caldo che avevo postato in fb il 19 Aprile 2011).

Anche pensando a questa mamma, avevo inoltrato il documento prima indicato ad una mailing list di genitori che curavo mensilmente e ne avevo ricavato alcuni feedback interessanti. 

Sono convinta che non sia mai inutile lo sforzo di divulgare e diffondere queste informazioni. Vi chiedo, se lo volete e se lo considerate giusto, di partecipare a questo sforzo. Ognuno di noi conosce tante mamme e tanti papà, con il tam-tam della quotidiana frequentazione queste info potrebbero girare rapidamente nelle nostre scuole, nei quartieri in cui viviamo, nelle comunità che frequentiamo.

Non è mica una catena di S. Antonio, è una sfida per il futuro dei nostri bambini (e nipoti e pronipoti ecc.).

Che dite, entriamo in cordata?

Un caro saluto a tutti,

Maria Beatrice 

4 commenti:

Sibia ha detto...

assolutamente sì.. anch'io ultimamente mi sono imbattuta nell'ennesima discussione sulla base di "io le ho prese e non sono morta". Rimango sempre più basita, forse perché nel mio profondo la mia speranza affinché la cultura cambi è talmente forte che alla fine finisco per crederci un po', e quando mi accorgo che non è -ancora- così ci rimango di sale. Condivido assolutamente con te la necessità di creare cultura sull'infanzia e quindi.. vado a "spammare" il doc! ;)

Educazione Consapevole ha detto...

Grazie per aver colto il senso più profondo di questo post: nutrire la speranza che qualcosa cambi e, soprattutto, darsi da fare perchè questo accada.
GRAZIE!!

Donatella ha detto...

Mi trovo d'accordo con il filone di idee attuali che finalmente non considera più le sculacciate (o altre forme di percosse) sui bambini come unico ed efficace metodo di insegnamento. Per fortuna la cultura e i mezzi di informazione ci danno quotidianamente degli strumenti per trovare altre forme di insegnamento, meno cruente e sicuramente più efficaci. Questo era quello che mi ero ripromessa qualora avessi avuto un figlio (che ora ha 3 anni e mezzo) e che sto cercando di fare anche se è molto faticoso (comprendere il capriccio, spiegare, trovare alternative di distrazione, usare dolcezza, fermezza e tono adeguato), non sempre è facile, non siamo delle superdonne visto che lavoriamo dentro e fuori casa...però ce la si può fare. E parla una che di botte ne ha prese tante da piccola ma che però, contrariamente a quanto scritto nel "parlar chiaro sulle sculacciate, non si è mai drogata nè va in giro a "picchiare le vecchiette"... E' giusto divulgare una corrente di opinione, motivata anche da fatti, però trarre conclusioni generali e generiche sul possibile futuro psicologico di un bambino sculacciato è pericoloso per chi legge e non sa interpretare, si rischia di creare del terrorismo gratuito. Grazie comunque delle informazioni che comunque secondo me vanno filtrate nel modo giusto.

Educazione Consapevole ha detto...

Cara Donatella,
il tuo commento mi sollecita e mi colpisce. Innanzitutto grazie per averlo scritto, anche perché consenti ad altri di conoscere la tua esperienza che, credo, può somigliare a quella di tante altre mamme che ogni giorno decidono di affrontare la grande fatica del non usare le mani per "educare" i propri figli.
Più una persona è stata picchiata da piccola e più sarà intenso lo sforzo che le costerà evitare di ripetere e riproporre quella modalità di interazione con i propri figli. C'è da dire che il percorso di vita di ogni individuo è diverso e per fortuna alcuni (temo non moltissimi, però) riescono a trovare il modo di elaborare la loro storia personale o incontrano altre persone che offrono loro relazioni sicure ed amorevoli, riuscendo così a costruirsi un modo diverso di essere genitori.
Purtroppo non è così per tutti: c'è chi non sa di potersi liberare da questi pesi passati, chi ha troppa paura di affrontare i propri mostri, chi nega da così tanto tempo che ormai non si accorge nemmeno più di negare... Ed è in questi casi che il pericolo di reiterare è reale e concreto. La storia personale non è una condanna a vita, ma bisogna attivamente fare qualcosa per cambiare, altrimenti la nostra mente proseguirà a funzionare nell'unico modo che conosce.
Il prossimo libro che recensirò (abbiate pazienza, ho l'influenza e con me tutta la famiglia!) parla proprio di questo. Un'altra cosa: le affermazioni semanticamente un po' "dure" del documento di NOSPANK credo derivino anche dal fatto che si tratta di una traduzione dall'inglese.

Infine: gli studi retrospettivi consentono di fare affermazioni che non sono necessariamente valide per quelli prospettici. MI spiego meglio: se io prendo 10 serial killer o 10 dittatori sanguinari o 10 criminali efferati e svolgo un'indagine retrospettiva sul loro passato, troverò sempre elementi di pregiudizio nella loro infanzia. Che si tratti di deprivazioni, botte, povertà, oppure assenza di relazioni significative, mancati attaccamenti, relazioni interrotte ecc. Ma se prendo 10 bambini in situazione di pregiudizio non posso affermare che diventeranno 10 assassini o 10 criminali o 10 dittatori. Posso però dire che, data la relazione causale tra infanzia disagiata e esiti infausti in età adulta a carico del comportamento, della personalità ecc., se quei 10 bambini non potranno fare esperienze di riparazione ai loro vissuti, molto probabilmente (e non con certezza al 100%) diventeranno adulti in qualche modo disturbati e, comunque, di certo (e qui la certezza del 100% la garantisco personalmente) sofferenti.

Grazie per avermi dato modo di approfondire questi temi e un grande incoraggiamento a te che scegli di non fuggire la fatica di educare senza violenza.